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Patient Academy news
Una voce che conta

Articoli Dicembre

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La salute tra economia e inclusione: il ruolo cruciale del terzo settore

Il terzo settore è chiamato a una duplice sfida: da un lato, dimostrare il proprio valore attraverso metodologie innovative di misurazione economica e sociale; dall’altro, assumersi la responsabilità di contribuire attivamente alla definizione di un nuovo modello di economia sociale integrata, che tenga conto non solo della sostenibilità finanziaria, ma anche dell'impatto relazionale e costituzionale delle sue attività.

Ascolta l’intervento dell’Avv. Sepio, Segretario Fondazione Terzjus al 2° webinar della Patient Association Academy.

Dalla parte del paziente - intervista a E. Fiorini, Presidente PaLiNUro

Il supporto della comunità al paziente e al suo contesto familiare può fare la differenza nel percorso della malattia. Ma non basta: occorre rappresentare il paziente nei processi decisionali sanitari, facendo rete tra associazioni per avere più voce.

di Federica Margherita Corpina

Il paziente, colui «che subisce, patisce, sopporta, resiste» – stando all'accezione originaria latina – aspettando una diagnosi, un appuntamento, il referto di un esame, la guarigione, la morte. È così che va inteso? E se aspettare è accettare di fare i conti con un tempo che non è mai così nostro da poterne decidere, l'accettazione è farsi passar sopra le cose o piuttosto lasciare che il vento ci scuota le foglie, allentando il timore che, se anche dovessero cadere giù tutte, non saremmo più alberi? Lo abbiamo chiesto a Edoardo Fiorini, Presidente dell’associazione PaLiNUro – Pazienti Liberi dalle Neoplasie Uroteliali – che, dopo essere stato messo nelle condizioni di doverlo imparare, ha deciso di aiutare altri a farlo.

«A fronte di proposte sostitutive quali “individuo” o “persona” – esordisce Fiorini – sono personalmente dell’idea che il termine “paziente” sia quello più calzante; perché, se sei ammalato - inutile girarci troppo intorno - di pazienza devi averne tanta. Il paziente è sì colui che soffre, ma è anche colui che aspetta ed è questo che sempre cerchiamo di trasmettere ai nostri malati oncologici, a maggior ragione trattandosi di patologie in cui si progredisce a piccoli, talvolta minuscoli, passi. Si subiscono angherie in ambito burocratico, altrettante se ne sopportano in quello clinico, ma avere alle spalle il supporto di una comunità può davvero fare la differenza».

Lo sa bene Edoardo, da paziente e da volontario, e credono in questo valore anche tutte le associazioni che come la sua hanno preso parte alla Patient Association Academy. Fare rete, infatti, è fondamentale, non solo per far sentire i pazienti meno soli. «Alla base dell’Academy, c’è la cultura del Patient Engagement, il protagonismo della persona nella sanità, che è tra l’altro uno dei principi cardine della nostra realtà associativa e che va molto al di là del concetto di centralità del paziente: il paziente deve essere coinvolto, deve essere reso consapevole, perché solo a queste condizioni può accettare il proprio percorso clinico e aderire meglio alle terapie. Se viene sposato questo principio, tutto il sistema ne trae beneficio».

Il confronto e la condivisione, inoltre, aiutano i singoli ad affrontare con maggiore consapevolezza e meno incertezze tempi e tappe differenti della malattia, oltre che possibili perdite, e forniscono alle associazioni conferme decisive. «È importante – testimonia Fiorini – che ci siano momenti in cui ci si sofferma e si fa un po’ il punto della situazione ed è importante farlo insieme agli altri: capire a che punto siamo, infatti, ci permette di andare avanti meglio».

E anche il paziente, pure se seduto nella sala di attesa di un ospedale, in qualche modo avanti ci va. Perché anche aspettare richiede fatica, e l’accettazione, tra altre possibili, resta una scelta. Attiva.

Articoli Novembre

Istituzioni e associazioni di pazienti: mancano le infrastrutture

Manca una struttura chiara e permanente per l’interazione fra istituzioni e associazioni di pazienti. Un luogo nel quale queste possano far sentire la propria voce, avanzare proposte e partecipare attivamente alla definizione delle politiche sanitarie nazionali, senza essere limitate a interventi frammentari o occasionali. Un passo che, come in altre realtà, può fare la differenza per una partecipazione effettiva e sostanziale.

di Tonino Aceti

Nonostante la quantità e la qualità delle normative, non esiste un’infrastruttura istituzionale chiara e permanente che definisca l’interazione fra istituzioni e associazioni pazienti, un luogo in cui si possa ragionare sulle politiche sanitarie a livello sistemico, mentre è chiaro – e qui sta il valore aggiunto della proposta dell’onorevole Malavasi – che serve un modello concreto per stabilirne modalità, ambiti di intervento e potere decisionale.

È un dato di fatto che oggi le associazioni di pazienti non abbiano una sede istituzionale in cui esprimersi su temi rilevanti come, ad esempio, la legge di bilancio, un atto cruciale per definire le politiche del Servizio Sanitario Nazionale. E ancora, per ottenere un parere informativo da parte delle associazioni di pazienti, la Commissione Unica del Farmaco prevede solo audizioni occasionali, senza alcun obbligo per l’AIFA di seguire o giustificare eventuali decisioni in contrasto con le osservazioni raccolte.

Questa assenza di coinvolgimento strutturato si riflette anche nella legge di bilancio appena presentata, in cui, paradossalmente, è stato necessario inserire una clausola per assicurare la partecipazione delle associazioni di pazienti nel definire i criteri di innovatività̀ dei farmaci. Un segnale positivo, ma sintomatico di quanto sia ancora lungo il percorso per un reale coinvolgimento anche di associazioni meno rappresentative – si pensi alle associazioni di pazienti di patologie rare -  ma rilevanti perché portano all'attenzione un problema specifico e urgente.

In tale contesto, è utile che  le stesse associazioni  sviluppino un approccio proattivo per definire criteri di accreditamento ufficiali che consentano di partecipare ai processi istituzionali, proprio come è avvenuto per le società̀ scientifiche. Se ci si potesse sedere insieme attorno a un tavolo  definire  una proposta strutturata, questo aiuterebbe a portare avanti un coinvolgimento effettivo ed efficace

Inoltre, è auspicabile che le associazioni, che aspirano a rappresentare i bisogni dei cittadini, sviluppino  competenze specifiche, a partire dalla capacità di analisi del contesto politico, economico e sociale, senza la quale non è possibile avanzare richieste in sintonia con il dibattito attuale e le decisioni che le amministrazioni e le istituzioni stanno prendendo.

È altrettanto importante saper raccogliere e produrre dati che possano supportare le istanze con evidenze concrete.

Anche le relazioni istituzionali sono un aspetto cruciale. Le associazioni devono acquisire internamente la capacità di rappresentare se stesse e devono autonomamente interloquire con le istituzioni, con autorevolezza e legittimità̀.

È necessario che le associazioni siano in grado di fare rete, cooperino per fare in modo che i rappresentanti delle Istituzioni possano ascoltare una sola istanza portata da più associazioni contemporaneamente.

Infine, le capacità di comunicazione e si sintesi sono indispensabili. Tutto il lavoro svolto deve essere adeguatamente valorizzato attraverso una valida comunicazione al pubblico. I messaggi devono essere diretti e semplici. Questo tipo di visibilità̀ consente di entrare nel dibattito pubblico con forza e di ottenere una posizione chiara e riconoscibile.

Respiriamo insieme

Anello di congiunzione tra classe medica e pazienti, Ipop auspica di far fronte comune, anche a livello istituzionale, per essere più efficienti nella lotta al tumore polmonare.

intervista a Bruno Aratri, IPOP

Cosa realmente differenzia gli esseri viventi dalla materia inanimata?

Il confine è davvero sottile e si potrebbe identificare in un soffio di vento o, più nello specifico, nel ciclo di inspirare ed espirare. Il respiro è un atto semplice e poetico, ma al contempo complicato sotto l'aspetto anatomico: molti organi come laringe, faringe e polmoni collaborano in modo armonioso per permettere alla vita di proseguire il suo percorso. A volte, le maglie di quest'equilibrio delicato possono allentarsi, alterando le prospettive di un'intera esistenza. Un tumore polmonare potrebbe essere il peso di piombo in grado di mutare le complesse dinamiche dell'apparato respiratorio.

Come i rovi che offrono un lato dolce donando le more ai passanti, così anche le lunghe spine di un male infido, però, possono generare qualcosa di buono: una condivisione che diventa forza, un poter raccontare che diventa linfa vitale, proprio come testimonia Bruno Aratri, presidente dell'associazione Ipop (Insieme per i Pazienti di Oncologia Polmonare), nata per incorniciare con un velo di serenità un periodo difficile come quello della cura del tumore polmonare.

Vincere insieme contro un astuto nemico: questo è il mantra che descrive meglio l'associazione. «L'innesco è stato un rapporto d'amicizia – racconta Bruno – l'associazione è stata costituita nel luglio 2018 con l'obiettivo di fare da anello di congiunzione tra la classe medica e i pazienti. Si raccolgono dubbi, incertezze, le molte domande dei pazienti e si trasmettono ai vari esperti. Grazie agli incontri tra medici e pazienti, cerchiamo di mettere in comunicazione questi due mondi al di fuori del contesto ospedaliero, per mantenere un livello di forza e di determinazione costante nel paziente, grazie al supporto dei tecnici».

A collaborare con l'associazione, non sono solo i pazienti e i familiari, ma anche i medici, dunque, che in qualche modo hanno colto l'importanza di essere un punto di riferimento, un appiglio in mezzo al mare in tempesta, al di fuori dei luoghi di cura, perché se è importante curare il corpo è altrettanto importante curare ciò che mantiene saldamente in piedi il fisico: l'anima.

Ma questo non basta. Fare gruppo e portare un'unica voce ai tavoli istituzionali è una necessità per essere più incisivi nel proprio piccolo raggio d'azione.

«È molto importante, per esempio, la condivisione dei dati – sottolinea il presidente. - Così come è stato fatto per il covid, sarebbe bello se ci fosse la stessa determinazione anche in campo oncologico, per rendere la ricerca quanto più efficiente. Chissà, forse un giorno il tumore ai polmoni e i tumori in generale saranno considerati come una semplice diagnosi e non più come fonte di timore. Chissà, forse un giorno vinceremo, ma certamente tutto questo sarà possibile solo se lotteremo insieme».

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La voce delle associazioni pazienti, una voce che conta

Incontrarsi, ascoltarsi, fare rete per farsi sentire con un’unica voce e portare il cambiamento. Questo è la Patient Association Academy. Una voce che conta nel facilitare un dialogo proficuo tra associazioni pazienti e istituzioni, con un unico pensiero: l'importanza di mettere al centro la salute e il benessere della persona.

Articoli Settembre

Saper crescere insieme

di Giovanna Fungi

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Attiva nel settore non profit in ambito salute e ricerca da oltre venticinque anni, Antonella Moretti ci guida attraverso i capisaldi del dialogo tra istituzioni e associazioni pazienti, sottolineando il ruolo decisivo di una “leadership partecipata”, strumento elettivo nel passaggio da “sogno nel cassetto” a impegno collettivo che porti risultati concreti.

In altre parole, occorre saper coniugare gli aspetti propulsivi di visione e sviluppo con la capacità di tradurre questo sguardo in un piano strategico che coinvolga l’intera organizzazione.

Nel contesto del dialogo con le istituzioni, inoltre, unitarietà e chiarezza sono cruciali per favorire la costruzione di ponti efficaci con chi ha il potere decisionale per migliorare la qualità di vita delle persone che le associazioni rappresentano. Importante è sviluppare messaggi condivisi e concordati, acquisendo un profilo unico e quindi più forte, nel rispetto delle caratteristiche proprie di ogni singola realtà.

Parlare con una voce sola è al tempo stesso la sfida e l’opportunità delle associazioni pazienti, tenendo sempre presente che la parola d’ordine è “saper crescere insieme”.

Con le mani nel piatto e le posate in ordine

Dopo aver ricevuto in dotazione una prima cassetta degli attrezzi per meglio affrontare il dialogo con le istituzioni, emerge con ulteriore chiarezza l’impellenza, da parte delle associazioni pazienti, di portare certe istanze ai tavoli della politica. Così che su quelli di tutti i giorni, come abbiamo imparato parlandone con Assia Andrao Presidente di Retina Italia odv, un cieco, un ipovedente possa posare le mani, per assicurarsi di aver finito tutto, senza che sia guardato male. Anche se non lo vede.

di Federica Margherita Corpina

È difficile credere di poter vedere altro quando a un tratto, che tu di anni ne abbia quindici o settantanove, ti viene comunicato che da lì ai prossimi anni potresti anche finire per non vederci affatto. La prenderai mai, quella patente, alla scadenza dei diciotto? Sarai capace di continuare a farlo, quel lavoro che magari non è la tua più grande aspirazione ma ti fa comunque sentire qualcuno? Per quanto riuscirai ancora a leggerlo, quel giornale, le mattine della tua pensione, ‘ché ti eri già preso male per le inspessite lenti da vicino figuriamoci come stai messo adesso per questa maculopatia senile difficile persino da pronunciare? Forse avresti solo bisogno di qualcuno a cui sentirti libero di poterle fare davvero, queste e altre cento domande, dal momento che da dentro niente sembra poter o voler darti risposte; fatta eccezione per una progressiva degenerazione di sintomi che confortante di certo non è.

«L’inserimento, nei piani terapeutici, della figura dello psicologo». Risponde così Assia Andrao, presidente di Retina Italia odv, quando le chiediamo di quali istanze si farebbe più indifferibilmente portatrice alla luce di quanto appreso, insieme alle altre associazioni pazienti, durante l’audizione simulata presso il Consiglio Regionale di Regione Lombardia inserita all’interno della Patient Association Academy. Non c’è esitazione: sia perché ha imparato che bisogna avere le idee chiare e concrete, quando ci si approccia alle istituzioni per formulare una richiesta, senza star lì a discutere di massimi sistemi, e poi perché c’è piuttosto urgenza, chiara e tangibile anche questa, nelle sue argomentazioni.

«La prima diagnosi è sempre molto impattante, e può sopraggiungere in qualsiasi momento dell’esistenza di una persona: durante l’adolescenza, se si tratta ad esempio di una distrofia retinica, o in età più avanzata se si ha a che fare con una maculopatia senile. Ecco: il rischio maggiore, per i pazienti come per le loro famiglie, è quello di sentirsi molto soli». E se non è affatto vero che gli ipovedenti vivono al buio, certo è che la solitudine ha il potere di spegnere tante luci. Per questo l’associazione di Assia ha ritenuto indispensabile intervenire in prima persona per garantire, quantomeno ai propri soci, un servizio di supporto: perché è sì necessario e fondamentale iniziare con prontezza la terapia, ma con la stessa tempestività bisognerebbe preoccuparsi pure di tutti quegli effetti collaterali non visti che nemmeno un accurato test genetico riuscirebbe a rilevare: la paura, il rifiuto, le domande (di cui alcune sopra), i compromessi con l’autonomia.

In un mondo che va già tanto veloce, non possiamo permettere che le persone cieche e ipovedenti vengano ulteriormente lasciate indietro da un ritardo delle istituzioni nel rispondere alle loro esigenze o da quello della società nel superare certi stigmi. Anche per questo «la simulazione dell’audizione e gli strumenti pratici che ci sono stati forniti nelle giornate del 9 e 10 luglio sono stati importanti». Perché essere tagliati fuori non piace a nessuno, oggi a maggior ragione; ma non tutti sanno ancora di avere, pur se magari non intenzionalmente, un paio di forbici in mano. Sta alle associazioni, insieme alle istituzioni e con l’aiuto di chi ci crede, riuscire a toglierle.

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Video Recap della giornata 9-10 Luglio

Rivedi qui il videoracconto delle due giornate del 9 e del 10 luglio della J&J Week durante le quali abbiamo inaugurato la Patient Association Academy, un percorso di rafforzamento delle competenze delle Associazioni pazienti promosso da Johnson & Johnson per rendere il loro ruolo sempre più cruciale nella definizione delle politiche sanitarie.Grazie per essere stati con noi! Ci rivediamo presto con gli altri 2 appuntamenti del 2024!

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EXTERNAL FOCUS DAY: perchè è importante lavorare per e con le associazioni Pazienti?

Una giornata per essere sul campo e toccare con mano come si concretizza un progetto visionario: dare voce alle associazioni pazienti nei tavoli decisionali della salute. Perché per Johnson&Johnson è importante lavorare per e con le associazioni pazienti? Ce lo racconta chi è intervenuto al lancio ufficiale della Patient Association Academy lo scorso 9 luglio, a Palazzo Lombardia.

Articoli Luglio

La voce dei pazienti: ascoltare per migliorarci

di Maria Laura Zini, Patient Engagement Lead Johnson & Johnson Innovative Medicine

Il primo significato di “ascoltare” – dal latino auscultare, sentire con l’orecchio – rimanda a un processo fortemente legato al concetto di attenzione. Ed è sostanzialmente questo ciò che il team di Patient Engagement fa: ascolta in modo attento, quindi attivo, lasciandosi permeare dai vissuti e dalle esperienze dei rappresentanti delle associazioni pazienti, con l’intento di offrire, insieme a loro, una vita migliore alle persone con malattia e ai loro caregiver, contribuendo a costruire un dialogo efficace tra terzo settore e istituzioni. Con il lancio di questa newsletter, rendiamo manifesto il nostro desiderio di perseguire tale proposito, perché una voce, da sola, può fare rumore, ma tante voci, insieme, fanno vibrare i muri!

Il Servizio Sanitario Nazionale può svolgere un ruolo cruciale nel migliorare l’esperienza dei pazienti, attraverso strategie specifiche che allevino la loro sofferenza. E le istituzioni hanno la responsabilità di supportare il SSN incrementando i fondi destinati alla salute e sviluppando politiche sanitarie efficaci che promuovano la prevenzione delle malattie, la ricerca e l’innovazione.

L’attuale sistema salute si sta evolvendo, concretizzando modelli di collaborazione in cui istituzioni, comunità scientifica e associazioni pazienti operano sempre più in sinergia, in modo integrato e strutturato, per favorire la prevenzione e l’accesso precoce alle diagnosi, e per garantire percorsi di cura ottimali e omogenei sul territorio.

A livello Istituzionale, le regioni si stanno muovendo per definire in modo strutturato gli ambiti e le modalità di collaborazione e dialogo con le associazioni pazienti, basandole su meccanismi specifici e coerenti con le caratteristiche dei diversi contesti.

Lo studio Patient Voice 2024 di IQVIA – conferma come anche dalla prospettiva delle associazioni pazienti ci sia attesa per un ruolo attivo e proattivo nel confronto con le istituzioni, allo scopo di favorire l’equità di accesso alle prestazioni e alle cure a livello regionale e soddisfare il bisogno di sviluppare nuove competenze per far fronte a sfide altrettanto inedite.

Quanto a noi, Johnson & Johnson si impegna a favorire il dibattito sul riconoscimento del ruolo delle associazioni pazienti come interlocutori preparati nel dialogo con le istituzioni, stimolando al contempo queste ultime a un ascolto – lo dicevamo all’inizio – attivo e contribuendo a rendere il sistema salute sempre più efficiente.

Precisamente a questo scopo nasce il progetto Patient Association Academy, che punta a rappresentare un modello di collaborazione tra le associazioni pazienti operanti in diverse aree terapeutiche. Un modello operativo che ponga le basi per un continuo confronto e interscambio di opinioni, di modo che la collaborazione si traduca concretamente in un’unica voce, significativa e autorevole nel disegnare progetti e formulare istanze espresse in modo efficace, oltre che efficiente.

Il ruolo crescente delle attività di advocacy e collaborazione con le istituzioni richiede, inoltre, di rafforzare le competenze e le capacità di dialogo, nell’ottica di diventare interlocutori di riferimento nel sistema salute. E Johnson & Johnson intende supportare le associazioni pazienti in questo percorso.

In dialogo con le istituzioni per la salute globale: un impegno verso la società

a cura di Federica Margherita Corpina

Insieme verso la medicina del futuro: non solo un brand, ma un impegno concreto assunto da J&J per stabilire un dialogo fattivo tra associazioni pazienti e istituzioni. Obiettivo? Rendere l'accesso alle cure più efficace ed equo per tutti. Ce ne parla Monica Gibellini – Government Affairs, Policy & Patient Engagement Director Johnson & Johnson Innovative Medicine – raccontandoci come e perché nasce la Patient Association Academy.

Creare una cultura sempre più paziente-centrica a tutti i livelli aziendali è uno degli obiettivi di Johnson & Johnson; qual è, in questo contesto, la visione della funzione del Patient Engagement?
Johnson & Johnson si impegna ogni giorno a migliorare la vita delle persone: cambiando il modo in cui le malattie vengono affrontate, rafforzando il proprio ruolo strategico nei confronti di tutti gli attori del sistema salute, collaborando a processi e progetti che amplifichino il valore apportato dal terzo settore, con l’obiettivo di costruire canali di dialogo stabili tra associazioni pazienti e istituzioni. Il fine ultimo è quello di rendere l’accesso alle cure più efficace ed equo per tutti.
“Insieme verso la medicina del futuro” è l’impegno che Johnson & Johnson si è assunta nei confronti di tutti i cittadini e della salute globale, riconoscendo la propria responsabilità nei confronti della società.

Come nasce il progetto Patient Association Academy e quali obiettivi si prefigge?
La Patient Association Academy è un percorso di collaborazione intrapreso tra Johnson & Johnson e circa quaranta associazioni pazienti operanti in diverse aree terapeutiche. Gli obiettivi che si pone sono molteplici; tra questi, favorire la costruzione di solide basi per un continuo e concreto interscambio tra le diverse associazioni, e permettere ai rappresentanti delle stesse di effettuare un percorso di capacity building che li aiuti a proporsi come interlocutori preparati nel dialogo con le istituzioni.

Può farci qualche cenno sugli eventi della J&J Week, previsti in particolare per il 9 e il 10 luglio, che vedranno coinvolte le associazioni di pazienti con un ruolo da protagonisti?
Dall’8 al 12 luglio, abbiamo organizzato la J&J Week, una settimana per noi molto importante che vedrà succedersi, nella nostra sede J&J di Milano e presso le sedi di Regione Lombardia e Regione Lazio, eventi davvero speciali. Vi prenderanno parte clinici, rappresentanti di istituzioni nazionali e regionali, del mondo universitario, della ricerca clinica e, ovviamente, delle associazioni pazienti. Un’occasione unica, insomma, per raccontare la nuova Johnson & Johnson.
In particolare, la giornata di martedì 9 luglio sarà dedicata alle associazioni pazienti e alle organizzazioni civiche che si fanno rappresentanti delle necessità delle persone con malattia.
Al mattino è in programma la tavola rotonda dal titolo Il nuovo ruolo delle associazioni pazienti in ambito salute: nasce la Patient Association Academy, che si terrà a Milano presso la Sala Belvedere di Palazzo Lombardia.
Nel pomeriggio, invece, avvieremo i lavori della Patient Association Academy, che proseguiranno poi per tutta la giornata del 10 e che avranno lo scopo di fornire, ai rappresentanti delle associazioni pazienti presenti, le competenze per poter dialogare in modo costruttivo con le istituzioni.

Il contesto istituzionale a livello regionale, nazionale ed europeo sta andando sempre più verso il riconoscimento formale del contributo delle Associazioni Pazienti ai processi decisionali. E' importante che questi si dotino degli strumenti giusti e sviluppino un'adeguata consapevolezza per valorizzare questa opportunità a beneficio dei pazienti e del Servizio Sanitario Nazionale.

Convivere con la malattia mentale: gli equilibristi dell’amore

Vivere in una condizione di equilibrio, nella relazione con la persona malata e con le strutture sanitarie: questo vorrebbe chi si prende cura di un familiare. Ne abbiamo parlato con Francesca Sparacio, caregiver del fratello Filippo da molti anni e volontaria di Progetto Itaca dal 2003

di Arianna Morelli

Fragilità e assistenza: due denominatori comuni che corrono sugli stessi binari. Malattia mentale: due termini che fa paura accostare, per un tema delicato e allo stesso tempo caldo. Sia la fragilità sia l’assistenza, collegati al significato di umano, rimandano a quel concetto un po’ fumoso e articolato, almeno in apparenza, che è l’umanità. Eppure, per quanto tocchi nel profondo la persona, è ancora difficile parlare di malattia mentale, una condizione che quasi sempre genera nella gente ostilità e imbarazzo che le famiglie delle persone fragili si trovano spesso sole a fronteggiare. E poi c'è l'equilibrio, quello che occorrerebbe trovare convivendo con la cura e con la malattia, in un'alternanza di recuperi e recidive dove spesso la pazienza – della persona che deve sopportare la condizione di disagio, ma anche di chi deve supportarla standole vicino – lascia il posto alla frustrazione che sopraggiunge quando non si riesce a raggiungere un nuovo equilibrio che consenta di convivere con la malattia. Questo fa sentire impotenti lungo un percorso di cura spesso intermittente, pieno di difficoltà nella ricerca di aiuto e di collaborazione con le figure professionali della terapia e della riabilitazione.

«La conoscenza è necessaria – ci ricorda Francesca Sparacio, caregiver del fratello Filippo da molti anni e volontaria di Progetto Itaca dal 2003 – i caregiver devono essere aiutati nell’acquisire competenze sulla malattia per potersi immedesimare nella sofferenza di chi la sta vivendo che, appunto, è innanzitutto una persona, non un oggetto di sperimentazione».

Filippo oggi ha 64 anni ed è una persona che convive con il disturbo schizofrenico da quando ne aveva 11.  La diagnosi è arrivata molto tempo dopo, l’ignoranza e la mancanza di consapevolezza di malattia hanno guidato un percorso di cura discontinuo che ha compromesso il pieno recupero delle capacità potenziali di Filippo. Dopo la morte dei genitori, Francesca è l’unico familiare di Filippo, lo assiste da 23 anni. Diventata volontaria di Progetto Itaca, tiene Famiglia a famiglia, un corso di formazione rivolto ai familiari e altri caregiver di persone con disturbi della Salute Mentale, basato sul programma NAMI (National Alliance on Mental Illness) e fondato sulla valorizzazione del rapporto tra pari.

Proprio la relazione è al centro dell’esperienza di Francesca, la relazione umana ed empatica difficile da costruire tra fragilità reciproche, la relazione che può aiutare a convivere con la malattia, senza implodere, suscitando nella persona fragile emozioni positive, quelle di cui i libri di anatomia non parlano e che non insegnano a dissezionare. «Sebbene non mi sia possibile sapere con esattezza se a Filippo arriva il benessere che cerco di procurargli, c’è una chiara percezione nella nostra relazione – sottolinea Francesca – noi siamo famiglia, quel nucleo di complicità che conduce la vita. Troppo spesso, invece, l'atteggiamento della psichiatria è di allontanare la famiglia, senza tener conto che la malattia mentale nasce, si sviluppa e danneggia tutti i componenti della famiglia in modo diverso nei vari ruoli. La famiglia è testimone della storia di vita e dei comportamenti della persona in cura».

Cosa fa oggi Filippo? Vive in una casetta accanto a quella della sorella e passa la sua giornata gironzolando nel quartiere, perché è inabile al lavoro. Francesca lo accudisce per tutti i suoi bisogni più volte al giorno e lo giudica, se non felice, sereno. Filippo sa che ha una malattia per la quale deve essere curato, anche se probabilmente non ha mai capito bene in cosa consista esattamente. Francesca gli fa capire che per lei, lui è importante sempre e comunque e che affronteranno sempre insieme tutte le difficoltà. Quando Filippo ha un problema o si sente in pericolo, la cerca. Questa è per Francesca conferma di fiducia, lui si sente più sicuro. Solo l’amore aiuta.

Fondazione Bullone è un Ente del Terzo Settore che accompagna adolescenti e giovani adulti con esperienze di patologie importanti alla riscoperta della propria identità oltre la malattia, costruendo insieme percorsi di reinserimento nella vita sociale e professionale.
Attraverso il loro punto di vista e il loro coinvolgimento in progetti di editoria, comunicazione, formazione e sensibilizzazione – sviluppati in collaborazione con professionisti, aziende e altre realtà – porta una prospettiva sulla società dove la fragilità è un valore e non un ostacolo.
La vision di Fondazione Bullone è portare un cambio di paradigma nella società per costruire un mondo in cui malattia e fragilità non siano un ostacolo invalicabile, ma un’esperienza che può essere accolta, affrontata, condivisa e trasformata.

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