12 storie di Associazioni pazienti, medici e Istituzioni italiani che ci raccontano il presente e il futuro della salute dal loro punto di vista: l’esperienza personale di chi vive la malattia in prima persona, la consapevolezza scientifica del medico, la visione del contesto delle Istituzioni
"La passione guarda avanti" è la storia in prima visione raccontata da Sandro Ardizzone. Per dirla con le sue parole, ogni paziente “è un universo”, e nei suoi anni di esperienza come gastroenterologo ha toccato con mano come la vita trovi il modo di vincere. E come l'innovazione terapeutica stia aprendo nuove opportunità e approcci di cura alle malattie immunologiche.
Il mio nome è Sandro Ardizzone e sono un gastroenterologo. Mi occupo prevalentemente di malattie infiammatorie croniche dell'intestino. Dirigo la gastroenterologia del Fatebenefratelli Oftalmico di Milano.
La cosa che più mi ha colpito nel occuparmi di queste patologie è che questi sono pazienti appunto che vengono definiti cronici quindi tu li vedi sempre e alla fine si stabilisce un un rapporto che diventa non più clinico soltanto ma un rapporto umano. Ciascuno di loro è un universo, ovviamente, ma alcuni di questi hanno però delle esperienze davvero molto, molto singolari. Non posso non ricordare un giovane paziente con malattia di Crohn con una stomia che adesso ha poco più di trent'anni ma che ha una malattia dall'età di sei mesi. Ogni volta che vediamo questo paziente, è un fenomeno della natura, è la vita che vince, la sua voglia di vivere e che gli ha consentito di laurearsi, di avere un bellissimo posto di lavoro, ma anche di coltivare il suo hobby che è la musica. Quindi lui fa concerti, suona la chitarra, va in giro e così via.
Queste sono delle storie che commuovono anche, perché se davvero dentro c'è qualcosa che arde e che ti brucia, riesci a farla a dispetto di qualunque cosa.
Il futuro sarà vivacissimo. Lo sviluppo e il progresso tecnologico in vari settori ha fatto sì che il ventaglio delle possibilità terapeutiche diventa sempre più ampio. Questo ha un impatto enorme sulla qualità di vita di questi pazienti. Pazienti che, ripeto, sono giovanissimi, hanno davanti un'aspettativa di vita normale, un normale progetto di famiglia, un normale progetto di lavoro. Un paese sarà tanto più avanzato quanto sarà più sensibile, tanto più la medicina sarà innovativa, tanto più la medicina creerà la possibilità di vivere meglio. Perché se lei non dà la possibilità a una persona di istruirsi, di vivere sano, non ce ne facciamo niente dell'innovazione, dello sviluppo tecnologico e via dicendo.
Rosanna D’Antona racconta i suoi anni di presidenza di Europa Donna Italia, in cui ha incontrato “donne guerriere” molto determinate di fronte a tutto, anche alle difficoltà. Ha toccato con mano che la cura non è solo farmacologica, ma è anche una “cura dell'anima” che coinvolge tutta la sfera emotiva, familiare e relazionale della persona che affronta un percorso di tumore al seno.
Sono Rosanna D'Antona e sono la presidente di Europa Donna Italia. Noi rappresentiamo una rete di 190 associazioni di volontarie nell'ambito del tumore al seno.
La mia esperienza come presidente di Europa Donna Italia risale al 2010, quando il professor Veronesi mi chiese di prendere la presidenza di questa associazione. Questi 14 anni mi hanno fatto capire molto di più della mia stessa malattia che ho avuto trent'anni fa.
Ho incontrato delle donne guerriere veramente molto, molto brave, molto determinate.
Di fronte a tutto, di fronte anche alle difficoltà.
C'è una ragazza in particolare a cui era stato diagnosticato un tumore con un termine nel giro di otto nove mesi. E invece lei, grazie alle cure, è riuscita a superare il periodo degli otto mesi, dell'anno, dei due anni. Ha preso una laurea e adesso sono più di quattro anni che convive ancora con un tumore al seno metastatico, ma che convive molto bene e che sta proseguendo i suoi studi e il suo lavoro.
Non c'è solo la cura farmacologica, c'è anche una cura, mi lasci dire, dell'anima, una cura che fa parte della sfera personale.
Abbiamo visto quanto sia importante avere un appoggio che garantisca anche la sfera emotiva, anche sessuale, di una donna.
E allora qui stiamo intraprendendo anche un dialogo un po' più trasversale, non soltanto riferito alla paziente, ma anche al compagno, alla compagna. E quindi qua questo ponte, rispetto all'attenzione dell'innovazione, può essere non soltanto legato alla persona con un percorso di tumore al seno, ma può essere anche allargata a tutta la sfera emotiva, non solo per se stessa, ma anche per il compagno che magari attraversa lo stesso periodo.